Massimo Piazza è pittore, artista, creativo, grafico, pensatore, osservatore della realtà che lo circonda. Lo è stato, lo sarà per sempre.
La critica d’arte Francesca Pensa, ha scritto per lui una critica importante e completa, che descrive l’intera opera e il pensiero dell’artista.
Il segno nel colore: percorso artistico di Massimo Piazza
Lo studio milanese di via Imperia, dove Massimo Piazza ha lavorato per tutta la vita, conserva, appese alle pareti, alcune opere eseguite negli anni sessanta del novecento, cioè all’inizio del percorso espressivo dell’artista: si tratta di tentativi diversi, che mostrano le riflessioni e i ripensamenti caratteristici di chi intraprende una strada che sta cominciando a definire precisamente prima di tutto a se stesso. Poche tracce sono rimaste della produzione del decennio successivo, nelle quali il disegno è già impiegato nel soggetto della figura femminile, con interventi che lasciano trasparire la conoscenza e la pratica della grafica pubblicitaria.
Gli anni ottanta vengono indicati, anche nelle biografie sicuramente approvate dallo stesso Piazza, come il momento di una conquistata e completa maturazione espressiva, con conseguente sviluppo di una produzione ampia e coerente. I lavori di questa fase si concretizzano in una tecnica mista, che si stende su una supporto pittorico che è quasi sempre il cartone, con qualche concessione alla carta: è questa una notazione non marginale perché conferma quella stretta parentela che le opere dell’artista hanno con il disegno, che, come si vedrà, costituirà uno sfondo costante e una radice profonda di tutta la sua arte.
I soggetti trattati, almeno in questo primo momento, consistono in inusuali nature morte, che già da adesso denunciano chiaramente il loro carattere interiore e di coscienza: scarpe da bimbo e da adulto, cosmetici, oggetti utili al disegno e al mestiere del grafico, giocattoli, pipe, orologi costruiscono la narrazione visiva in un effetto di forte valenza evocativa, capace di suscitare memorie e considerazioni, sottolineate dalla presenza, nel chiarore nebuloso del secondo piano, di un volto delineato da un monocromo sfumato ed evanescente.
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